Una bellissima professione, ma il fisioterapista cosa fa?

il fisioterapista e’ l’operatore sanitario, in possesso del diploma universitario abilitante, che svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricita’, delle funzioni corticali superiori, e di quelle viscerali conseguenti a eventi patologici, a varia eziologia, congenita od acquisita.

Non si può non partire dal profilo professionale del fisioterapista per definire cosa fa. In quanto legge dello stato la definizione qui riportata è complessa e va spiegata nel dettaglio.

Il contesto nel quale il fisioterapista opera è importante, ma se preferite passare direttamente al capitolo cura e riabilitazione cliccate qui.

Operatore Sanitario

Il termine sanitario tra i due è sicuramente quello più importante.

Definisce una categoria alla quale il fisioterapista appartiene e arricchisce. L’importanza del concetto di sanitario nasce dal bisogno che chi metta mano nella salute delle persone sia preparato adeguatamente. Improvvisazione e mancata esperienza non possono scontrarsi con situazioni così delicate come quelle del dolore e della malattia. In questo senso ricordo sempre che a mettersi in mano a figure non sanitarie si rischia la propria salute, oltre a non essere tutelati legamente in caso di incidenti.

Esempio

Un vostro conoscente è entusiasta del suo nuovo massaggiatore. Anche voi vi avvalete della sua professionalità.

Per vostra sfortuna però il professionista in questione non ha nessun titolo sanitario.

Vi provoca un peggioramento importante e ingiustificato della vostra patologia.

Davanti al giudice il professionista in quanto non sanitario potrebbe dichiarare che non stesse lavorando sulla vostra patologia e quindi non poter aver causato un peggioramento della stessa.

Uomo avvisato…

Laurea (in fisioterapia)

Come definito dal decreto, il fisioterapista è in possesso del diploma universitario, la laurea, conseguita in un’università autorizzata dal ministero della salute.

La laurea, che in Italia dura tre anni, chiude un percorso fatto di esami teorici, pratici e un lungo periodo di tirocinio.

Nell’area urbana di Milano vengono trattate diverse tipologie di pazienti, e lo studente prima di finire il percorso di studi le affronta tutte, avendo chiaro come poi indirizzare i futuri studi post laurea.

Prima della discussione della tesi una commmissione formata da membri del ministero della salute, dell’AIFI e dell’università conducono l’esame di stato, abilitante alla professione e necessario a completare il percorso di laurea.

La mia esperienza

Durante il percorso di studio ho frequentato i servizi di fisioterapia dei seguenti ospedali di Milano e provincia:

  • Ospedale San Paolo (pazienti ortopedici e neurologici)
  • Ospedale San Carlo (pazienti ortopedici ambulatoriali)
  • Ospedale Sacco (pazienti respiratori)
  • Ospedale San Giuseppe (pazienti cardiologici)
  • Azienda Sanitaria Locale di via Gola (pazienti ambulatoriali)
  • Istituto di cura Geriatrica Golgi, Abbiategrasso (pazienti anziani con varie patologie)
  • Casa di Cura Igea (pazienti complessi, da gestire spesso in coppia con altri colleghi)

Autonomia o collaborazione?

Quando si parla di autonomia nella professione di fisioterapista, prudono le mani a parecchi individui (eccezioni all’interno di categorie, per la precisione).

Il profilo professionale parla chiaro, è una possibilità, garantita da una preparazione adeguata, spendibile ove la patologia lo permette.

Non si tratta quindi di un titolo da sfoggiare a ogni piè sospinto, ma una grande responsabilità che grava e allo stesso tempo eleva il fisioterapista a figura sanitaria di primo impatto. Responsabilità che resta nostra anche quando una o più figure mediche hanno dato indicazioni su come procedere con quel paziente.

Il fisioterapista quindi è SEMPRE responsabile di quello che esegue, e ciò comporta che debba sempre verificare insieme al paziente se quello che è stato prescritto sia indicato nel momento in cui viene eseguito.

La collaborazione avviene ogni qual volta la situazione clinica lo richieda. Ha senso chiamare un professore universitario per fare ripetizioni di matematica a un bambino svogliato di 6 anni?

Due esempi

Giuseppe ha passato tutto il weekend ad aiutare suo fratello a sistemare casa. Oggi sente la schiena rigida e un po’ dolente. Chiama Fabio, il suo fisioterapista di fiducia, che valuta insieme a lui il problema decidendo di risolverlo immediatamente, con un massaggio decontratturante.

Silvia ha da qualche giorno una strana sensazione di formicolio alla gamba sinistra. Anche lei è una paziente di Fabio, che quindi chiama come primo soccorso, magari anche per lei un massaggio potrebbe essere d’aiuto. Fabio si accorge che c’è una riduzione della sensibilità nonché di forza nella gamba di Sivlia. Fabio non esita a mandare Silvia da un chirurgo per valutare il caso, troppo complesso per essere gestito in autonomia.

Valutato il contesto dove il fisioterapista lavora e si forma, andiamo al nocciolo dell’articolo…

…prima di tutto, chiariamo cosa non può fare…

Perché partire da questo argomento? Perché è il più spinoso, il più controverso e il più discusso.

Non esiste all’interno del profilo professionale del fisioterapista un elenco o una definizione dei limiti di intervento del fisioterapista.

Di fatto negli anni sono stati i medici, tramite l’ordine, a definire delle linee di confine oltre il quale il fisioterapista non potesse andare, e solo ciò meriterebbe perlomeno una domanda: è giusto che siano solo i medici e non una commissione con presenti figure anche super partes, rappresentanti della professione stessa, a decidere cosa può e non può fare quella professione?

Sentenze giuridiche negli anni hanno riempito vuoti normativi ancora presenti, definendo forse più giustamente di pareri di parte medica alcuni casi limite.

Il fisioterapista non può:

  • diagnosticare una patologia, ancorché di fatto entrerebbe nell’ambiente caotico della medicina legale e delle assicurazioni (di fatto lo fa ma solo molto marginalmente); lo stesso concetto viene espresso con il divieto di fare diagnosi medica (e specifichiamo medica perché di fatto la diagnosi la fa anche il meccanico e nessuno lo accusa di abuso di professione)
  • prescrivere farmaci o indagini diagnostiche (radiografie, ecografie)
  • superiare la barriera corporea: definizione confusa, perché al terapista non è concesso ad oggi l’uso di aghi (per agopuntura o dry needling o somministrazione di farmaci), ma è concesso invece la riabilitazione del pavimento pelvico (che comporta l’inserimento anche di strumenti tecnici nella vagina), o del cavo orale; alla base, i possibili rischi derivanti dall’uso di tali pratiche (non dimostrato essere maggiore di altre pratiche concesse);

Prevenzione

Può il fisioterapista evitare la comparsa di patologie? Deve, dovrebbe, ogni volta che la situazione lo permetta.

Spesso si tratta di evitare complicazioni o il sovrapporsi di patologie su situazioni già croniche.

E’ un compito condiviso anche con i laureati in scienze motorie, i quali però non possono interferire con la patologia ma agire solo su ciò che è sano o residua dalla patologia stessa.

La prevenzione passa per terapia di gruppo, eventi formativi ma anche da uno screening periodico.

Esempi

Un fisioterapista può organizzare gruppi di esercizio terapeutico, dove insegna a ciascun partecipante come muoversi meglio, come rinforzare la muscolatura lombare, come piegarsi correttamente, come autotrattare una contrattura…

Può convoncare i genitori di una comunità insegnando loro il ruolo della postura (non è così importante, lo sapete?), l’importanza di un movimento vario, i segni del corpo che possono far realmente preoccupare

Può consigliare una visita di controllo mensile, settimanale o anche annuale, per verificare quanto ottenuto con un ciclo terminato, o semplicemente tenere sotto controllo il buon funzionamento di tutte le articolazioni del corpo…

Cura e riabilitazione

Entriamo nel cuore della professione. La cura della persona. La riabilitazione.

Curare é ciò che spinge ogni fisioterapista a svegliarsi la mattina, è il bello del nostro lavoro. Far stare bene le persone.

Il bello è che ci sono tantissimi modi per farlo, e la maggioranza non è neanche dolorosa (come spesso si dice).

Inoltre riabilitare e cura sono due termini quasi inscindibili. Curando dò la possibilità al corpo essere abile di nuovo a fare qualcosa. Oppure, riabilitare una funzione permette al corpo di poter curarsi naturalmente.

Ogni caso ha la sua strada, ma in entrambi i casi il finale è a lieto fine.

Finali a parte, ci interessa il percorso, e solo con un’esauriente carrelata di esempi posso farvi vedere (si, provate a immaginarci lì con il paziente, mentre leggete) concretamente cosa facciamo ogni giorno.

Frattura…gesso…e fisioterapia!

E’ la situazione più comune dove incontrare un fisioterapista. Una brutta caduta, un incidente, provocano una frattura. Spesso dare immobilità alla parte danneggiata è necessaria, ecco quindi un bel gesso, da tenere dai 20 ai 45 giorni

Sono i giorni immediatamente successivi alla sua rimozione quelli importanti per il recupero, ma sono anche i quali dove ricominciare a muovere fa più paura e più male. Il fisioterapista accompagna questi giorni tranquillizzando il paziente sui movimenti che si possono fare, facendoli insieme a lui e, se necessairo, accompagnandolo fino al recupero totale di un movimento fisiologico (normale).

La parte più difficile, riabilitare un ictus cerebrale.

Un ictus è un evento quasi sempre tragico. Una parte del cervello viene danneggiata, il più delle volte definitivamente. Alla base ci può essere un trombo che ostruisce un vaso oppure la rottura dello stesso a causa di un aneurisma.

A seconda delle zone del cervello colpite il danno si manifesta in diversi modi. Perdita dell’uso di un braccio, di una gamba, dell’equilbrio, della possibilità di parlare, di provare emozioni, ma l’elenco purtroppo non finisce qui.

Dopo un periodo iniziale si assestamento, il cervello ha la capacità però di ritrovare alcuni collegamenti e crearne di nuovi, recuperando almeno in parte le funzioni perdute. Il fisioterapista prende per mano il paziente in questo periodo, cavalcando l’onda del recupero, cercando di stimolare il più possibile il cervello del paziente per fargli ritrovare le funzioni perse.

Ci si scontra con pazienti immobilizzati a letto o in carrozzina, senza la capacità di comunicare, irosi e reticenti al trattamento. Sono inoltre percorsi lunghi dove a volte non si riesce a ottenere quanto sperato.

La gioia di riportare una persona a camminare dopo mesi di sforzi è però una delle più grandi soddisfazioni del nostro lavoro. Ecco perché i fisioterapisti che lavorano con i pazienti neurologici sono i più stanchi ma anche i più fieri del nostro lavoro.

Il gomito del tennista e il ginocchio della casalinga.

Due situazioni frequentemente incontrate nel nostro lavoro. Due articolazioni che possono lavorare male e infiammarsi. Il fisioterapista in questi casi valuta l’articolazione colpita e quelle adiacenti, alla ricerca di un problema scatenante il dolore.

Terapia manu-fasciale, esercizi attivi, tecar terapia, kinesio taping, tutti strumenti in mano al fisioterapista per riportare il tennista o la casalinga alla propria attività senza dolore.

Nel novero delle patologie più frequentemente trattate dal fisioterapista troviamo inoltre:

  • mal di schiena, torcicollo, sciatica
  • artrosi del ginocchio e dell’anca
  • periartrite di spalla, borsiti e tendiniti di varie articolazioni
  • fascite plantare, problemi di appoggio del piede
  • sindrome del tunner carpale e del piriforme

Fisioterapia e chirurgia.

Se legamenti crociati e cuffia dei rotatori sono il pane quotidiano dei fisioterapisti che lavorano nello sport e in ortopedia, ci sono altri interventi chirurgici dopo i quali l’intervento del fisioterapista è raccomandato.

Trapianti di cuore, bypass e sostituzioni valvolari cardiache beneficiano di un programma di recupero monitorato. I reparti di cardiologia moderni collaborano con quelli di fisioterapia per garantire al paziente il recupero del compenso cardiocircolatorio prima di dimetterli.

Ove la struttura lo permette e lo promuove sono previste sedute di fisioterapia anche dopo interventi polmonari e a livello addominale, per aiutare a recuperare una buona funzione respiratoria e della muscolatura addominale.

E il mio caso?

Abbiamo fatto solo pochi esempi rispetto alla quantità di situazioni dove la fisioterapia può essere d’aiuto, se pensi di avere bisogno di un fisioterapista puoi chiamarmi cliccando il bottone qui sotto, scrivere un commento oppure puoi contattarmi qui

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