Una laurea triennale “professionalizzante”: ma il fisioterapista cosa studia?

Il percorso di studi del fisioterapista, oggetto di questo articolo, è alla base della grande preparazione espressa da questa professione complessa e completa. Vediamo da dove nasce, come si sviluppa, e dove si dirigerà nei prossimi anni.

Il decreto ministeriale numero 741 del 1994

Con questo decreto il ministero della salute istituisce il profilo professionale del fisioterapista. Nel decreto vengono elencate tutte le aree di competenza del fisioterapista, le modalità e le capacità di intervento. Parallelamente, la preparazione necessaria per svolgere così tante funzioni, porta alla nascita dei corsi di laurea per le pressioni sanitarie, tra cui il Corso di Laurea (da ora CdL) in fisioterapia.

Il corso di laurea viene strutturato in modo tale da creare professionisti capaci di accompagnare anche autonomamente i pazienti nei loro percorsi di cura. Il compito non è stato facile in quanto la riforma universitaria prevedeva una laurea di primo livello, organizzata in 3 anni. Una sfida, riuscire a condensare in quel tempo, competenze teoriche e pratiche condite da una sufficiente esperienza. Esperienza tale da poter lavorare autonomamente già il primo giorno dopo la laurea.

Vediamo ora nel particolare come è stato strutturato questo percorso…se siete aspiranti studenti potete anche vedere le informazioni sul sito dell’università degli studi di Milano

corso di laureaIl Corso di Laurea in Fisioterapia: com’è fatto?

La maggioranza delle Facoltà di Medicina e Chirurgia italiane prevede al suo interno un CdL in fisioterapia, insieme agli altri corsi dell’area della riabilitazione (logopedista, terapista occupazionale, riabilitatore psichiatrico…).

Il CdL ha un presidente, incaricato di organizzare la didattica e il piano formativo e, nei poli più grandi, dei coordinatori per ogni sede del corso (a Milano, presso l’università statale, ad oggi, ci sono 4 poli: San Paolo, San Carlo, Don Gnocchi e Pini). Quale figura può essere nominata come presidente? Un professore associato.

Il problema della abilitazione (una parentesi infelice)

L’università italiana ad oggi non è ancora riuscita ad abilitare un sufficiente numero di fisioterapisti (nonostante siano ormai passati 24 anni dal decreto anche se la situazione è in movimento). L’abilitazione a professore associato permetterebbe di dare in mano ai fisioterapisti la loro formazione, in quanto pieni ed esclusivi titolari della scienza fisioterapica.

Ad oggi la maggioranza se non la totalità dei CdL in fisioterapia è diretta da medici.

Situazione spigolosa che porta a una battaglia mai realmente dichiarata sulla linea delle competenze del fisioterapista (fino a che punto la formazione del fisioterapista si può spingere? sulla base di quali basi scientifiche? chi deve decidere a riguardo?). La questione è aperta e in evoluzione e non è possibile in questo articolo dare risposte che non si trovano da anni nelle commissioni parlamentari.

Lo sviluppo nei 3 anni.

Come in ogni CdL esistono degli esami, alcuni teorici altri anche pratici, divisi per ogni anno, con diverse propedeuticità. Questo comporta che alcuni esami siano necessari per poter accedere all’anno successivo, e che alcuni non possano essere eseguiti prima di altri. Vincoli che non permettono un eccesso di libertà nell’organizzazione dello studente e guidano la sua formazione correttamente.

Ogni anno alla quantità di esami, variabile (la frequenza è obbligatoria per ognuno), viene affiancato il tirocinio. Il monte ore del tirocinio cresce ogni anno fino a diventare quasi insostenibile l’ultimo anno (se non eliminando qualsiasi periodo di ferie estivo e di malattia). Alle ore di tirocinio del 3° anno vengono aggiunte le ore di internato di laurea.

Al termine di ogni anno accademico è previsto un esame di tirocinio, necessario per poter accedere all’anno successivo. Il terzo e ultimo anno, dopo aver passato l’esame di tirocinio, si incontra la commissione per l’esame di stato finale abilitante. Se giudicati idonei, si può andare a discutere la tesi pochi giorni dopo davanti alla stessa commissione, per l’elaborazione del punteggio finale, e la proclamazione ufficiale.

fisioterapista milanoMa quindi, il fisioterapista cosa studia? (le materie)

Il 1° anno

Durante il primo anno accademico gli studenti di fisioterapia si trovano ad affrontare due sessioni di esame. La prima consta di esami generici, scientifici, tanto che studenti che arrivano da altre facoltà come biologia o scienze motorie vengono esonerati dal sostenerli.

Tra le diverse discipline rientrano la Biologia e la Genetica, la Biochimica e la Fisica, la Statistica e l’insegnamento dell’Inglese scientifico. Durante il primo anno vengono inoltre affrontati due esami necessari per l’inizio dello studio della persona: anatomia e fisiologia.

Al termine della seconda sessione di esami, lo studente finalmente entra in campo, frequentando la prima sessione di tirocinio. E’ la prova del nove, dove le prime sensazioni e reazioni alla vita da clinico fanno capire, se la strada da fisioterapista, è quella giusta.

Il regolamento accademico prevede però, che sia solo un tirocinio osservativo: nessuna mano sul paziente. La sorte deciderà, se provare l’atmosfera leggera e tecnica della fisioterapia ambulatoriale, oppure un ambito più delicato ed empatico, come quello della casa di cura.

Terminata la seconda sessione di esami e la prima sessione osservativa, lo studente è pronto all’esame di tirocinio, dove verrà valutata la sua capacità nell’affrontare con mente aperta e ricettiva, la prima esperienza sul campo.

Il 2° anno

Il secondo anno è ancora ricco di ore teoriche, ove, in due sessioni, si affrontano l’anatomia degli apparati più importanti (muscoloscheletrico e nervoso), la loro patologia (ortopedia e neurologia) e la loro riabilitazione. Vengono poi, nel secondo semestre, affrontati gli aspetti più generici della medicina e della chirurgia, e la riabilitazione meno conosciuta, quella “viscerale“.

Le sessioni di tirocinio si moltiplicano, si comincia a mettere mano, dopo una lunga parte pratica nelle lezioni frontali, gli studenti cominciano a trattare i casi più semplici, sotto la rigida osservanza dei loro tutor. E’ un turbinio di emozioni, paura di sbagliare ed entusiasmo: si entra in contatto con i primi pazienti “veri”.

Questa volta, alla fine del percorso, l’esame di tirocinio prevede la capacità di saper spiegare ed eseguire, in pratica, i trattamenti più semplici; il giudizio sarà poi integrato dalle valutazioni ricevute durante i tirocini dai propri tutor.

Il 3° anno

Il terzo è ultimo anno, ed è una rincorsa alle ore di tirocinio, e al proprio relatore di tesi. Gli esami non sono solo di contorno, e coprono gli aspetti legali della professione, oltre a casi clinici particolari da affrontare in vari contesti specifici (pediatria, midollo lesi…). Difficilmente si riescono a coprire, tutte le ore di tirocinio necessarie (quasi 1000) per presentarsi alla prima sessione di laurea.

Durante tutto l’anno, tra lezioni, esami e tirocini, si deve sviluppare la ricerca scientifica e/o la sperimentazione su casi clinici, per la stesura della tesi finale. Al termine del percorso, prima dell’esame di stato davanti alla commissione multidisciplinare, l’ultimo esame di tirocinio, il più difficile. E’ di fatto un pre esame di stato, compiuto solo davanti ai propri tutor.

Cosa pratica il fisioterapista durante il tirocinio?

Lo studente di fisioterapia nel percorso dei 3 anni frequenta circa 10/12 sedi, tra quelle convenzionate con l’università che frequenta (numero variabile a seconda della provincia dove si segue il corso). Ogni sede ha le sue peculiarità, nel tipo di pazienti ricoverati: sia che arrivano in regime ambulatoriale, sia nel tipo di trattamento eseguito, manuale o strumentale. Nell’elenco troviamo ospedali pubblici e privati, case di cura, case di riposo, centri asl e servizi ambulatoriali territoriali.

I casi clinici trattati sono molto vari e dipendono dalla sede, per fare un elenco non esaustivo:

  • patologie ortopediche che necessitano ricovero: protesi articolari, politraumi;
  • malattie neurologiche da ricovero in reparto: ictus, malattie autoimmuni in fase acuta, traumi midollari;
  • problemi cardiaci e  pazienti post chirurgici: infarto miocardico acuto, trapianti di cuore, bypass, angioplastiche;
  • patologie da lunga degenza: sindrome di parkinson, demenza senile, gravi malformazioni congenite, pazienti in stato comatoso;
  • pazienti ambulatoriali: lombalgie e cervicalgie, piccole fratture, nevralgie, artrosi, insufficienza respiratoria da BPCO ecc…

Ciascuno studente avrà al suo fianco un tutor specializzato nel trattamento delle patologie, capace di guidarlo nell’apprendimento del miglior trattamento possibile. Nel corso dei tre anni, il futuro fisioterapista potrà quindi capire quale argomento lo stimola di più, sapendo poi cosa scegliere tra i corsi di aggiornamento post-laurea.

Le tappe per la laurea

Come già scritto, gli ostacoli da superare per lo studente oltre agli esami previsti dal piano didattico sono gli esami di tirocinio finale, l’esame di stato e la discussione della tesi di laurea.

Gli esami di tirocinio sono programmati alla fine di ogni anno e sono condotti da due tutor, che nel corso dei 3 anni, si possono rendere conto del reale valore dello studente, integrando il giudizio dei singoli tirocini con una sintesi finale, derivata anche da una interrogazione finale.

L’esame di stato abilitante e la discussione dell’elaborato finale.

L’esame di stato prevede una commissione alla quale partecipano:

  • i tutor degli esami di tirocinio
  • due membri dell’associazione nazionale fisioterapisti (presto sostituiti da membri del nuovo ordine professionale)
  • il presidente del corso di laurea
  • un membro del ministero della salute
  • professori del corso di laurea convocati per l’occasione

Lo studente, che discuterà due casi clinici, dovrà dimostrare di avere autonomia ed esperienza per gestire il caso al meglio, pena non superare l’esame e doversi ripresentare la sessione successiva 6 mesi dopo.

La stessa commissione così composta, esaminerà in una giornata successiva l’elaborato scritto (tesi), preparato autonomamente dallo studente con la supervisione del relatore ed eventualmente del correlatore. La tesi viene scritta durante il terzo anno accademico, e per la stessa, viene chiesta una rigorosa modalità scientifica.

E dopo la laurea?

Il fisioterapista, ormai terminato il Corso di Laurea, entra nel mondo della formazione post laurea, giungla dove districarsi tra corsi universitari e non. Il percorso di laurea, tra tirocini ed esami aiuterà il neo professionista a scegliere i corsi più adatti alla branca ove si vuole specializzare, per offrirsi con maggior qualità in una particolare realtà lavorativa, o per soddisfare le esigenze di un nuovo posto di lavoro.

Dal primo giorno post laurea il fisioterapista è completamente responsabile del suo operato clinico, qualsiasi sia la condizione contrattuale nella quale lavora, sia la condizione clinica della persona, che il numero di figure sanitarie che segue la persona stessa.

A seconda del contesto lavorativo il fisioterapista lavorerà autonomamente sulla persona o in stretta collaborazione con altre figure sanitarie, medico compreso ovviamente.

Da luglio 2018 è nato di fatto l’obbligo d’iscrizione all’albo professionale dei fisioterapisti, nato per decreto grazie al ddl Lorenzin. Albo che una volta completo ed operativo garantirà all’utente di poter verificare in ogni momento la qualifica del professionista sanitario a cui si sta rivolgendo, fisioterapista compreso.

Il fisioterapista che invece vorrà dedicarsi alla carriera di coordinatore, insegnante o ricercatore, può frequentare la laurea specialistica per le professioni della riabilitazione, percorso comune che prepara gli studenti delle varie professioni sanitarie della riabilitazione in questi argomenti trasversali. Il percorso si potrà poi concludere facoltativamente con un dottorato di ricerca o ancora, con un corso specifico.

Il futuro

La fisioterapista è una scienza piuttosto giovane e in continua evoluzione. Da fisioterapista e appassionato di medicina in generale, seguo con interesse gli sviluppi della professione e le nostre condizioni di lavoro all’estero, sperando che un giorno i modelli migliori (per i pazienti e non per chi esercita) vengano adottati anche qui in Italia.

Dry Needling, Ecografia, Infiltrazioni, Triage in Pronto Soccorso con prescrizione di esami diagnostici, Ambulatori Autonomi convenzionati direttamente con il Servizio Sanitario sono solo alcune delle possibilità che sono all’orizzonte e che spero diventino presto nostro bagaglio professionale, ad maiora!